Cultura, appunti e dintorni


Luca Palazzo

Gita a Padova, Ville Venete e Mantova 25-26-27 aprile 2014

Il Gattamelata e sant'Antonio  (25-04-14)

Emozione strana, quella che si prova visitando la Basilica di sant'Antonio a Padova. Vi sono capitato durante la recita di un Rosario in una lingua straniera e in un giorno particolare, il 25 aprile.

Si cammina, lungo la navata di sinistra, fino a raggiungere la cappella dove si trova la tomba del Santo. La sensazione è di marmo: figure scultoree che sembrano in movimento e che mostrano i miracoli avvenuti. Una preghiera, poi si procede verso la cappella del beato Luca Belludi. Un'altro momento di silenzio nel caos dei visitatori. Infine l'ultima cappella, dietro all'altare, dove le reliquie di sant'Antonio dialogano con il meraviglioso gruppo scultoreo di Filippo Parodi, allievo del Bernini.

Dal Gotico al Barocco, dal Rinascimento all'Oriente, tutto si mescola insieme alla fede, alla devozione, ai gesti che si ripetono da secoli.

Fuori chi attende i visitatori? Il Gattamelata, dall'alto della sua cavalcatura, che controlla tutta la piazza. Donatello è protagonista sia all'interno della chiesa (è suo l'altare), sia fuori, dove guarda il via vai della gente attraverso gli occhi della statua equestre.

È ribadito ancora una volta il dualismo tipicamente italiano, tra Chiesa e Stato, tra potere temporale e spirituale!

La statua del Gattamelata (1370-1443), realizzata da Donatello tra il 1446 e il 1453, di fronte alla Basilica di sant'Antonio a Padova


La "Malcontenta" (26-04-14)

Il grande Architetto sa soddisfare le esigenze semplici e quotidiane. Forse proprio per questo Andrea Palladio è il genio del Cinquecento veneto.

La stranezza e la complicatezza possono essere attraenti, ma spesso stancano il fruitore del prodotto finito. Vitruvio sostiene che l'organismo edilizio (usando un'espressione moderna) deve rispondere alle tre richieste di firmitas (equilibrio statico), utilitas (utilità) e venustas (bellezza). Palladio evita le ampollosità recuperando la freschezza dell'architettura classica e raggiunge in pieno i tre obiettivi vitruviani. Guardate la foto che ho scattato oggi alla "Malcontenta": la struttura è stabile e la sua forma rende l'idea di tale stabilità, l'edificio è utile come abitazione, è bello e armonico. Neppure sono necessari materiali costosi: il bugnato è di semplice malta e le colonne di umili e pratici mattoni.

Ai signori e commercianti veneziani interessava proprio il messaggio di immediata praticità e accogliente comodità che gli edifici palladiani trasmettono. Palladio l'aveva compreso subito, coniugando abilmente il passato alle necessità presenti e rendendo immortale il proprio genio architettonico.

Villa Foscari, detta la "Malcontenta", costruita da Andrea Palladio nel 1559


Mantua me genuit (27-04-14)

I luoghi virgiliani appaiono sospesi in un duplice passato. Guardando gli edifici della città si è proiettati in un'epoca a metà tra Medioevo e Rinascimento. Osservando invece le sponde del Mincio e la natura incontaminata che vi abita sembra di ritornare all'epoca romana, di rivedere antichi viandanti in coloro che corrono lungo le rive.

Passeggiando per Mantova si respira un'aria strana, carica di malinconia sotto la pioggia battente. Gli edifici sembrano opporre la loro stanca struttura alle intemperie. Tutto è consumato dal tempo: dal Palazzo gonzaghesco al Duomo albertiano ogni cosa sembra trarre innanzi a sé il proprio tardo dì.

I dolci però sono buoni: l'assonnata atmosfera riprende magica consistenza assaporando i sapori di cibi appartenenti alla medesima tradizione storica.

Ciao, Mantova: con te finisce questo breve viaggio che mi ha permesso di vedere Giotto agli Scrovegni, Palladio alla Malcontenta e presso di te la scuola di Mantegna. Unica delusione: la Camera degli Sposi non era visitabile! Sarà per la prossima volta.

Mantova vista dal fiume Mincio


Ovoli e dardi (29-04-14)

Gli stili classici perdurano nei secoli e di tanto in tanto tornano a manifestarsi nell'architettura.

Così accade anche a Padova, presso Palazzo del Bo, sede dell'Università degli studi di Padova dal 1493: le colonne che abbelliscono il cancello d'ingresso presentano gli ovoli e i dardi, decorazioni tipiche dello stile ionico. Mentre quest'ultimo prevedeva anche le volute, qui gli ovoli e i dardi costituiscono un'unica corona circolare che precede la parte terminale del capitello.

Il nome "Bo" deriva da "bove", poiché il Palazzo era appartenuto a un macellaio che lo aveva ricevuto in dono per aver fornito la carne durante un assedio alla città.

Insomma, ció che è legato al periodo tra Medioevo ed Età Moderna sorprende sempre per le strane vicissitudini storiche. Nel caso di Palazzo del Bo la storia della Città si è legata ad un macellaio e poi al sapere universitario!

Dettaglio del capitello di una delle colonne all'ingresso di Palazzo del Bo a Padova




   Homepage       Blog